mercoledì 18 aprile 2007

Chinatown ci ripensa: non andremo in piazza


MILANO — Contrordine compagni: niente piazza, si tratta. Tra Comune e cinesi di Milano, anzi, si è aperto da ieri un tavolo che a neanche una settimana dalla rivolta gialla di via Sarpi e dai «preoccupati avvertimenti» di Pechino ricorda quasi i toni anni '70 — almeno nelle dichiarazioni di sindaco e console — della famosa «diplomazia del ping pong» con cui iniziò il disgelo tra gli Usa di Nixon e la Cina di Mao. «Tre settimane per trovare una soluzione condivisa sui problemi della Chinatown milanese», è l'impegno concordato ieri tra il primo cittadino Letizia Moratti e il funzionario di stato Zhang Limin: e la comunità cinese di Milano ha deciso immediatamente di congelare la manifestazione già fissata per oggi pomeriggio in Piazza Duomo. «Finché si tratta non si sfila», è la consegna diramata anche a tutte le altre Chinatown italiane ed europee già sul piede di partenza per Milano. Tutto rinviato a data da destinarsi e poi si vedrà: «Tra l'altro — precisava ieri sera da Marco Jubin, uno dei punti di riferimento storici della comunità milanese — avevamo scordato che la nostra manifestazione sarebbe coincisa col Salone del Mobile, e l'ultima cosa che vogliamo è creare problemi all'economia della città». Che da parte di sindaco e console ci fosse la volontà di superare lo stallo è testimoniato dalla decisione di anticipare a ieri il loro incontro fissato inizialmente per domani. E il tavolo di trattativa che hanno finito per mettere a punto è una roba, per darne un'idea, forse addirittura senza precedenti in nessuna delle contese che hanno visto scontrarsi, negli anni, Comune e categorie sociocommerciali più varie sui temi più disparati. Il pomo della discordia, in questo caso, come si ricorderà ruota attorno al carico-scarico merci dei circa cinquecento esercizi commerciali cinesi della zona: «Un caos che ci assedia», dicono i comitati italiani tipo Vivisarpi, «una caterva di multe che ci strozza», lamentano i cinesi. Morale: basta col muro contro muro, ora sarà istituito un tavolo operativo presieduto dal vicesindaco Riccardo De Corato e ai suoi lati ci saranno — la diplomazia del ping-pong, appunto — due squadre fatte rispettivamente da quattro rappresentanti della comunità cinese e da altrettanti membri dei comitati residenti. «Sentiremo le ragioni di tutti — spiega De Corato — poi il sindaco farà la sua ordinanza». Venti giorni di tempo per trovare un'intesa. «Un incontro molto positivo», ha detto il sindaco Moratti. «Vogliamo allentare la tensione e risolvere il problema», ha detto il console. Più difficile, in realtà, è stato cancellare in poche ore la manifestazione già programmata per oggi. Perché i cinesi di Milano avevano già scritto sin dal mattino alle altre Chinatown europee di non muoversi, è vero. Ma contattare la galassia di tutte quelle sparse per l'Italia, Prato in testa, ha richiesto decine di telefonate sino a notte fonda. «Non è escluso — allargava le braccia Jubin in serata — che qualcuno non siamo riusciti a raggiungerlo». Certo non si sono preoccupati, perché in effetti non era un problema loro, di avvertire dell'annullamento le decine di associazioni italiane e centri sociali vari che avevano aderito all'iniziativa. Il paradosso possibile sarebbe se oggi, in piazza a sostegno dei cinesi, ci fossero solo loro. E neanche un cinese.

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